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Il mondo? Qualcosa di grandioso: dall’hurrà! di Darwin allo spazio tempo di Einstein, sei grandi scienziati italiani ci raccontano che la cosa più grandiosa è l’avventura della mente. E che la scienza è “più variopinta di qualsiasi mitologia”

La frase “C’è qualcosa di grandioso in questa immagine dell’evoluzione biologica”, è scritta da Darwin alla fine de L’origine della specie. Perché possiamo dire “quanto è bello il mondo senza scomodare angeli e arcangeli – scherza Boncinelli - ma com’è il mondo davvero non lo so, io so quello che sappiamo del mondo. E cioè, quello che abbiamo creduto di capire. Se c’è qualcosa di grandioso non è tanto nel mondo, che non incontrerò mai, ma in questa avventura, lotta della mente umana nel tentativo disperato di capire qualcosa. Disperato non perché la scienza sia difficile, ma perché il nostro cervello non è attrezzato per capire certe cose. Noi, infatti, vivevamo in un mondo diverso, dovevamo capire velocemente se scappare dal leone o se una fanciulla ci stava o no. Ma non ci è bastato: abbiamo costruito un mondo in cui non ci si deve difendere dai leoni, ma ci sono dei nuovi leoni. Qualcosa di grande, come l’Universo, e di piccolo, le molecole”. Inizia così, la sfida dell’uomo attraverso la biologia, dove “tutto quello che conta è piccolo – prosegue Boncinelli - come fa allora il nostro cervello a calarsi in una dimensione infracellulare? Ci siamo voluti imbarcare in una serie di avventure più grandi di noi, anzi, più grandi del nostro cervello”. Lo scossone, come lo chiama il celebre genetista, è avvenuto un secolo fa, quando si pensava di aver capito tutto della fisica. E invece, ci si accorse che “quando si scendeva nel piccolo e quando si saliva al grande c’era qualcosa che non andava. Per esempio, nell’atomo c’è un nucleo con elettroni che gli girano intorno. C’era allora una fisica nuova. Protoni e neutroni non hanno individualità e non invecchiano. Ma la cosa rimasta più indigesta è che il mondo del piccolo non segue le leggi deterministiche, ma probabilistiche. Poi è arrivato il signor Einstein che ha detto che l’orologio che va molto veloce rallenta: cioè che spazio e tempo dipendono dal movimento. Nello spazio questo produce effetti incredibili, tra cui il fatto che la terra crede di andare dritta e invece fa il girotondo intorno al sole: perché è lo spazio-tempo che è curvo, fino all’estremo dell’incurvatura che inghiotte tutto, cioè i buchi neri”. Nemmeno Darwin, in realtà, “aveva le idee chiare sulla biologia del piccolo – spiega Telmo Pievani – visto che ha costruito la sua teoria dal tetto, dicendo: quando scopriremo le fondamenta della casa capiremo se erano quelle della casa che ho ipotizzato”. Darwin, dunque, fa predizioni rischiose, controintuitive anche. E ci regala un’immagine davvero grandiosa: quella di un mondo in cui “mentre i pianeti continuano a ruotare prevedibilmente intorno al Sole, sulla Terra le specie continuano ad evolversi. Contrappone, così, la prevedibilità dell’Universo alla complessità e bellezza delle forme viventi del nostro pianeta”. In Sala del Maggior Consiglio, dove non c’è più un centimetro libero, si ripercorre l’avventura del grande scienziato evoluzionista, che disegna l’albero della vita, “in cui ogni ramoscello ha pari dignità, come il corallo. Ma questo non gli basta, Darwin dice di dover capire qual è la linfa che alimenta questo albero. È proprio da questa sua insoddisfazione che arriva all’idea di selezione naturale. Fino a scrivere, nei suoi taccuini: “hurrà, ho capito io le cause intermedie che sono alla base del mistero dei misteri”. Dalla sua teoria, derivano infinite applicazioni, come ricorda Gilberto Corbellini: “Le modalità con cui noi produciamo nuove idee è un processo di selezione naturale. E anche il cancro ha meccanismi di selezione naturale, quando supera ostacoli immunitari e farmacologici. Nell’immunologia, oggi si sa che sintesi degli anticorpi è un processo selettivo”. La “grandiosità” della scoperta “non si deve leggere come qualcosa di trionfalistico – avverte Paolo Zellin - perché spesso i grandi scienziati che si sono trovati davanti a novità sorprendenti sono stati presi anche da timori, esitazioni, dalla coscienza di un certo rischio. La cosa straordinaria è capire che gli atomi di razionalità delle antiche culture erano di una efficacia straordinaria, tanto da sintetizzare algoritmi che ancora oggi funzionano. Ed è misterioso il motivo per cui la matematica ha questa efficacia”. Quel che è certo, conclude Carlo Rovelli, è che “il mondo è più bello, complesso e iridescente di qualsiasi favola. E la vita sospesa sull’abisso di ciò che non sappiamo la rende più preziosa”.
 

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