Twitter Revolution. Se ne è parlato per l’Iran nel 2009, per la Cina e ora per l’Egitto: prima ancora che la rabbia dei cittadini, il grande protagonista delle proteste sembra essere stato il web. Ma la convinzione che le tecnologie digitali siano lo strumento perfetto per la creazione della democrazia corrisponde alla realtà? Evgeny Morozov, ricercatore e autore del libro L'ingenuità della rete (Codice edizioni, 2011), in antitesi all’ottimismo utopista di pensatori come Clay Shirky, documenta come anche governi tutt’altro che democratici usino le piattaforme digitali piegandole ai loro fini. In Russia e in Cina, scrive, gli spazi di intrattenimento online sono studiati apposta per allontanare l’attenzione dei giovani dalla partecipazione civile. Si viene a scoprire che Internet non è inequivocabilmente buona, insomma. E che Twitter e Facebook non hanno giocato alcun ruolo cruciale: la rivoluzione sarebbe accaduta con o senza di loro. Per questi motivi, pensare alla Rete come a un propagatore naturale di democrazia è fuorviante e pericoloso. Forse la strategia più efficace per garantire forme efficaci di cambiamento sociale è invece quella di rimanere calati solidamente nella realtà. Al Festival della Scienza, la testimonianza di un blogger e giornalista controcorrente.
Biografie
Evgeny Morozov, giornalista ed esperto di geopolitica, è nato in Bielorussia, la nazione dove sopravvive l’ultimo dittatore europeo, Alexander Lukashenko. Ha fatto parte di Open Net Initiative, associazione che difende la libertà di espressione attraverso internet. Scrive per «Foreign Policy», il «Wall Street Journal», il «Financial Times», «The Economist» e il «Washington Post».
In collaborazione con
Codice Edizioni