Era laprile del 1913 quando a Napoli iniziò un esperimento anomalo. Il Ministero della Marina aveva infatti affidato a Giulia Civita Franceschi la Nave Asilo Caracciolo. Con quale scopo? Il recupero dei bambini e dei "ragazzi di strada" della città campana. La donna, educatrice italiana dalla grande intuizione e vocazione pedagogica, in quindici anni riuscì ad accogliere e formare più di settecento "scugnizzi". Diventati veri e propri marinaretti, questi ragazzi trovarono sulla Caracciolo la famiglia e la casa di cui erano stati privati e, grazie al "metodo Civita", poterono venire istruiti assecondando le proprie attitudini. Tutto questo finì nel 1928, quando lopera di Giulia Civita Franceschi venne interrotta per volontà del regime fascista. E la sua storia cadde presto nelloblio.
La mostra vuole farci tornare a quegli anni, ricostruendo questo segmento della storia della città di Napoli troppo presto dimenticato. A parlarvi, in questa esposizione foto-documentaria, sono immagini e testi depoca, oltre agli interventi che tratteggiano fedelmente la storia di questa impresa. Unimmersione nella Napoli e nellItalia di inizio Novecento che vi offre uno spunto per riflettere sul tema della marginalità dei giovani, ma anche del lavoro marittimo e della formazione tecnico-professionale del capitale umano nella storia del nostro Paese. Completano il percorso espositivo diversi esperimenti, realizzati in collaborazione con l'Istituto Tecnico Nautico San Giorgio, che riproducono i contenuti di alcune lezioni che venivano svolte sulla nave.
A cura di
CNR-Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo , Fondazione Thetys - Museo del Mare - Napoli