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Polizia scientifica, dalle impronte digitali all'analisi del Dna. Ma le nuove tecnologie avrebbero cambiato un caso storico come il delitto Matteotti?

“Oggi possiamo accedere a tutta la documentazione del caso Matteotti – ha spiegato Davide Balbi, dirigente del Gabinetto Regionale della Polizia Scientifica – e quello che ne emerge è che gli agenti allora potevano fare ben poco. Una descrizione minuziosa di quello che vedevano, al massimo una ricerca delle impronte digitali. Oggi potremmo fare molto di più”. Chi segue le serie che imperversano in televisione immagina già che si stia parlando di analisi del Dna. Ma non solo. “Oggi le discipline scientifiche utili alla risoluzione dei casi sono moltissime”, spiegano gli agenti che si sono prestati alla ricostruzione scenica. “Con la biologia si studiano i residui come peli, sudore, saliva; con la chimica l'eventuale presenza di sostanze particolari sulla scena del crimine. La botanica forense oggi è importantissima, così come lo studio delle componenti volatili: le spore ritrovate, così come altre particelle, ci possono dire qual è la “storia” delle prove, dove sono state prima di arrivare nel luogo in cui sono state reperite. Immaginate ad esempio di avere una macchina proprio come quella della ricostruzione che facciamo oggi, dalle sostanze ritrovate sulla tappezzeria, si potrebbero trovare informazioni su quale composizione avessero i terreni su cui l'autovettura ha viaggiato. Questo tipo di analisi forniscono prove immediate, che non hanno bisogno di ulteriore validatura”, hanno spiegato. Continuando poi nell'esposizione delle discipline scientifiche utili: “Pensate poi alle gocce di sangue, che nel caso del delitto Matteotti erano tra le pochissime prove disponibili già nel 1924. La forma delle gocce ci dice tanto rispetto a come i colpi sono stati inferti, alla posizione della vittima e a quella del carnefice. E addirittura ci può dire se l'assassino fosse destro o mancino. Ecco perché anche la fisica, oltre alle altre materie già elencate è importante.” E poi naturalmente c'è la genetica, le analisi del Dna. Le informazioni contenute forniscono una vera e propria impronta genetica distintiva delle persone coinvolte nel crimine. Per ricorrere all'analisi, come viene spiegato nella mostra, bastano anche solo dieci cellule – che corrispondono a un picogrammo di pelle o saliva, ovvero una quantità minuscola, che corrisponde a un milionesimo di milionesimo di grammo. Perché? Il Dna può essere replicato, e quindi si può aumentare facilmente la quantità a disposizione per lo studio. Ma non sono solo queste le nuove possibilità tecniche a disposizione della Polizia Scientifica. In particolare, oggi esistono scanner 3D che possono ricostruire un’immagine virtuale della scena del crimine, utilizzata nelle simulazioni dei delitti. “Questa tecnologia è stata usata anche per il delitto Calipari”, ha spiegato Balbi. “Il macchinario fa una scansione di tutto quello che vede fino a 200 metri di distanza. Spostandolo in diversi punti si ricostruisce l'immagine reale, con le giuste dimensioni e le giuste distanze.” Per non parlare poi delle luci forensi. “Disponiamo di strumenti che emettono luce a varie frequenze. Con questi possiamo trovare sulla scena del crimine ogni traccia di liquidi biologici o impronte”, hanno spiegato gli agenti. “Sono un po' come quelle luci violette che nelle puntate di CSI gli analisti usano per cercare le gocce di sangue. Solo che il loro uso non è così normale come quello che si potrebbe immaginare dai telefilm!”
 

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