Festival della Scienza

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Da Anassimandro alla fisica quantistica. Ovvero, storia di un “folle volo” senza certezze, tranne quella della nostra ignoranza. Di un mistero che ci incanta, di una ribellione continua. Che ci rende profondamente umani. La scienza spiegata da Carlo Rovelli

Che cos’è la scienza? Parte da questa domanda, Carlo Rovelli, e da “due esempi: uno antico, di 26 secoli fa. E uno recente, la gravità quantistica”. Com’è fatto il mondo? È Anassimandro, uno dei primi filosofi della scuola di Mileto, il primo scienziato della storia: perché lo mette in dubbio. “Per lui il mondo è fatto con il cielo tutto intorno alla Terra, che è sasso che galleggia nello spazio senza cadere. Nessun altro c’era arrivato. Come ha fatto? Le informazioni che aveva sono quelle che abbiamo tutti noi guardandoci in giro. Questo è uno dei primi bei passaggi scientifici”. L’intuizione di Anassimandro arriva guardando il cielo: “Se osserviamo le stelle, si capisce che c’è uno spazio vuoto, sotto. Anassimandro usa un’intuizione ovvia e dice che se vediamo qualcosa che sparisce dietro qualcos’altro, lì dietro c’è spazio libero. Allora, la Terra vola. Anassimandro ridisegna il mondo. Ma se era così semplice perché nessuno ci era arrivato prima? Perché non basta avere un’idea, bisogna che funzioni. Viene spontaneo chiedersi: ma allora perché la Terra non cade? Il genio non è solo avere un’idea, ma metterla insieme con il resto del sapere. Il colpo di genio di Anassimandro è ribaltare il problema: si chiede, perché dovrebbe cadere? Le deduzioni che abbiamo già fatto possono non valere. Anassimandro cambia il quadro concettuale dei termini stessi con cui pensiamo il mondo, ci fa pensare in modo diverso mettendo in dubbio il sentire comune, avendo il coraggio di sostenere che il sapere dei padri è sbagliato”. Rovelli ora ci porta al presente, alle varie teorie sull’Universo che si sono succedute. “Per Aristotele l’Universo è fatto di sfere concentriche, Copernico mette al centro il sole, poi si capisce che il sole è un granello di sabbia nella galassia, e in seguito che la stessa galassia è un granello di sabbia nel mare dell’Universo. Fino ad arrivare all’idea che lo spazio è curvo e che l’Universo si espande. Ebbene, oggi siamo alla gravità quantistica”. Le nuove teorie nascono quando “c’è una descrizione del mondo in cui c’è qualcosa che non va”. Oggi immaginiamo lo spazio e il tempo “come un tutt’uno: lo spazio è un oggetto fisico come un foglio di gomma. Le cose sono fatte di atomi, e le particelle danzano probabilisticamente. Einstein dice che lo spazio è come un immenso mollusco dentro cui ci muoviamo, ma è un oggetto concreto, che si muove e può vibrare. D’altro canto la materia ha una struttura granulare: i campi sono fatti di quanti. Mettendo insieme questi due concetti viene fuori che lo spazio ha una struttura a granelli. Cosa vuol dire? Lo spazio non è un contenitore, una scatola, ma un oggetto fisico fatto di quanti, che non sono nello spazio ma che sono essi stessi lo spazio e che si muovono seguendo delle equazioni”. Da questa teoria, deriva il fatto che “le equazioni della teoria della gravità quantistica ci fanno intravedere cosa succedeva prima del Big Bang. Altra conseguenza, il tempo. Come lo spazio contenitore non esiste più, così anche il tempo stesso non c’è più. L’Universo non è più qualcosa che evolve nel tempo: è un mondo senza tempo, strano, meraviglioso, nel quale esistono solo relazioni temporali tra variabili vicine, eventi individuali quantistici elementari che accadono in modo probabilistico e danno origine agli oggetti solo se indagati su larga scala”. Questo per dire che la scienza, riflette Rovelli, non è solo fatta di modelli matematici ed esperimenti. Il suo scopo “è capire il mondo”, e quello che la spinge è “una esplorazione visionaria. Immaginate delle piccole talpe: credono che il mondo sia una tana, poi escono fuori e vedono il cielo. Così siamo noi: cerchiamo poco per volta di vedere un po’ più in là, sovvertendo l’ordine del mondo e il modo di pensare alla realtà”. Per fare questo, però, “bisogna rendersi conto che a ogni passo facciamo degli errori, che la nostra visione è limitata. Impariamo sul sapere accumulato ma lo mettiamo continuamente in discussione. Anassimandro, nel dire “il mio maestro si è sbagliato”, dà origine al percorso scientifico. Ogni passo, infatti, è una rivolta. Al cuore della scienza c’è la consapevolezza che siamo ignoranti. Ma perché, allora, ci affidiamo a un risultato scientifico? Perché è il migliore trovato fino adesso: mettendolo in discussione di continuo si migliora sempre”. Questo genera un conflitto: con il potere, con la religione, con tutto ciò che “si crede depositario di verità uniche attraverso i secoli” e “ha paura della messa in discussione”. Per questo, per Dante, “Il folle volo di Ulisse è punito da Dio. Ecco, io credo che si debba fare una scelta tra accettare l’ignoranza e non accettarla. Perché vivere nell’incertezza è difficile. La scienza è qualcosa che non ci dà risposte se non qualche volta, ma ci mette davanti ai misteri del mondo. Questo mistero ci incanta, ci rende umili e curiosi. E io credo che accettare la nostra ignoranza sia la strada più onesta. Voler guardare oltre il mistero ci fa umani. E il mondo che ci aspetta è molto più bello, entusiasmante e iridescente di quello delle favole”.
 

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