Festival della Scienza

Contenuti del sito

Contenuto della pagina - Torna su


Le nuove terapie con le cellule staminali. Ovvero, la più grande rivoluzione dopo la pillola

Tocca i temi più scottanti dell’attualità, Cossu: la fecondazione in vitro, il congelamento degli embrioni, i trapianti. Ma i dibattiti etici, in parte, sono ormai superati: “Perché ci sono casi in cui la scienza va più veloce dell’etica”: e infatti, nella terapia con le staminali, l’embrione non serve più. La scoperta la dobbiamo allo studio meticoloso di uno studioso giapponese: “Così, gli embrioni possono riposare in pace congelati. E noi andare oltre alle polemiche, perché la materia del contendere non c’è più”. Il problema delle cellule staminali prese dall’embrione, infatti, era tutta etica: “Per il Vaticano l’embrione è una persona, per altri invece è un essere umano che ha una probabilità di svilupparsi: non siamo pesci, abbiamo bisogno di un utero!”. Ma c’è poi un altro problema, scientifico: “L’embrione è un individuo diverso da me: avrà cellule diverse dalle mie, e il mio sistema immunitario non le riconoscerà: bisognerà infatti fare una terapia di immuno-soppressione per tutta la vita”. Qui, allora, subentra una tecnica messa a punto negli anni ‘60 per le rane da uno studioso di Cambridge: “John Gurdon, uno che oggi a ottant’anni gira con la spider. Ebbene, cosa fece? Prese una cellula uovo di una rana e poi dal corpo del paziente. Iniettò il nucleo della cellula uovo del paziente nella rana. Il risultato è un ovocita che fa da incubatore a un nucleo che ha il mio patrimonio genetico. A questo punto, o lo impiantiamo in un utero e otteniamo un clone. O la mettiamo in coltura e otteniamo cellule staminali embrionali che sono mie”. E a proposito dei cloni: Cossu spazza via tutti i luoghi comuni. “I giornalisti in questa storia ci hanno inzuppato il pane, ma nessuno sano di mente vorrebbe clonare qualcuno! Intanto perché sarebbe impossibile: noi siamo il risultato del nostro genoma, certo, ma che ha interagito con l’ambiente. Si può fare con i bovini,d’accordo, ma è una pratica costosa e inefficiente. E gli animali clonati, in un certo senso, nascono vecchi”. Pensiamo alla pecora Dolly: nel ’97 la sua storia impressionò il mondo. “Morì prematuramente: perché i cromosomi da cui si era partiti erano già vecchi, provenienti da un animale adulto. Non c’è dunque motivo di clonare uomini e animali: il problema è farlo capire ai giornalisti”.! Ma dove sta, allora, la scoperta rivoluzionaria? Si chiama clonazione terapeutica: “Consiste nel produrre staminali embrionali con i geni del paziente”. Con buona pace della Chiesa: trasferendo le staminali nelle cellule dell’adulto, infatti, sono in grado di diventare embrionali. “Quindi l’embrione non serve più”. Gli organi malati, dunque, possono rigenerarsi. Ma, purtroppo, non è ancora così semplice: “Il problema è portarle nel sito dove devono andare. E il sangue è l’unico tessuto che possiamo prelevare con una siringa e re-iniettare dentro con una siringa. Negli altri casi, come per la Sla, è più difficile: bisogna che la cellula sopravviva, capisca dove si trova e si metta a funzionare tra le cellule residue ancora vive”. Ma non bisogna nemmeno pensare alla cura con le staminali come qualcosa che appartiene ad un futuro remoto: “Pensiamo al trapianto del midollo: si fa da molto prima che il concetto di staminali diventasse ovvio. Dunque, si curano persone con le staminali da cinquant’anni!”. Un grande trionfo della medicina è rappresentato dalla cura della immunodeficienza congenita: “Parliamo di malattie ereditarie rare: queste immunodeficienze fanno sì che i bambini debbano vivere praticamente sotto vuoto, per non contrarre infezioni. Il cibo è filtrato, devono stare in un ambiente sterile. Ebbene, la terapia scelta è il trapianto di midollo: la sopravvivenza è al 90 per cento. Ma se non c’è donatore adatto la probabilità di sopravvivenza al trapianto scende al cinquanta per cento. Ora, invece, con terapia staminale si salvano. C’è stato un caso, però, una sperimentazione in cui su sedici bambini quattro hanno sviluppato una leucemia e uno è morto. E dunque: la terapia genica uccide? No: la mortalità è del 3 per cento. Ma senza rischi, non può esserci progresso nella medicina”.