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Verso una cura personalizzata del cancro al seno. Dalla prevenzione al farmaco, la genetica ci guarirà: la promessa di Funmi Olopade

Nel mese della prevenzione, esordisce la Olopade, “molto sappiamo del cancro. Ma fino a qualche anno fa si studiavano i cromosomi anomali e nessuno poteva prevedere che i geni potessero avere a che fare con i tumori. Oggi, invece, possiamo dire che il tumore è una malattia genetica”. Sullo schermo scorrono grafici e numeri: “Nell’85 c’è stata un’impennata di incidenza del tumore mammario, e infatti in quegli anni le donne dicevano: perché spendere soldi per la guerra fredda contro la Russia e non per combattere il tumore mammario? Era una vera epidemia, allarmante. Fu poi nel ’91, che il governo americano investì 5 miliardi di dollari nel progetto della mappatura del genoma umano. La domanda, dunque, è: come usare la genetica per migliorare la salute della popolazione?”. Il primo passo per vincere la “guerra fredda” al cancro, dunque, si chiama prevenzione. Con strumenti adeguati. “Fino ad oggi usiamo la mammografia – spiega Olopade - ma si può fare di meglio. La risonanza al seno non si basa sui raggi X, e sta cambiando il modo di fare screening, permette di vedere tumori grandi come puntini. Ecco, con il progresso tecnologico arriveremo alla visualizzazione molecolare, e riusciremo a vedere le cellule epiteliali del seno”. Altro punto importante: individuare i soggetti ad alto rischio. Perché oltre alle cause esterne (fumo, alcol), il tumore è causato da mutazioni genetiche ereditarie: “Per questo ci sono intere famiglie con numerosi casi di tumori alla mammella e alle ovaie. Solo comprendendo la storia della famiglia, si può fare prevenzione”. Sullo schermo spunta una copertina del settimanale Newsweek, che mostra una famiglia sorridente: “Questo numero è del ’94 – spiega Funmi Olopade – la madre si era ammalata, e la figlia temeva di essere in pericolo. Oggi questa ragazza potrebbe conoscere il suo fattore di rischio con certezza”. La risposta, infatti, si chiama test genetico:Per ora non si può fare su tutta la popolazione, perché costerebbe troppo. Ma i soggetti ad alto rischio, che hanno numerosi casi in famiglia, possono sapere se hanno anche loro delle anomalie genetiche. E intervenire di conseguenza, per prevenire”. E qui, si apre un’altra questione. Quali forme di prevenzione si possono attuare? “Oggi abbiamo la chirurgia profilattica, e la somministrazione di farmaci specifici. Che prevengono il cancro. Vi chiederete: perché allora non dare una pilloletta a tutta la popolazione? Non basta una pillola per cavarsela: bisogna capire quali tipi di tumori possono essere prevenuti con i farmaci e quali no”. Il cancro, infatti, non è un’unica malattia. “Ci sono 6-7 categorie diverse di geni del cancro. Certi tipi di mutazioni possono portare a tumori molto aggressivi. Il tumore, poi, cambia anche a seconda dell’etnia della popolazione, delle zone geografiche. ”. La conferenza diventa dibattito. E molte donne in sala prendono la parola per chiarire i loro dubbi: quali sono allora le cause del tumore? “Attenzione, non sempre una mutazione genetica porta a sviluppare il tumore – spiega Olopade - ed è qui il dato interessante: se riusciamo a capire quali comportamenti o stili di vita vanno a contrastare lo sviluppo del tumore, scopriremo perché nonostante la mutazione si può non contrarre il cancro”. La risposta, dunque, si chiama screening. Che va fatto ben sotto i 40 anni: già a partire dai 25. E poi farmaci mirati, “Molte donne non riescono a uccidere la malattia perché prendono farmaci con effetti collaterali così forti che si trovano costrette a interrompere la terapia. Con la farmaco genomica, possiamo scegliere il farmaco giusto per la persona giusta. Ed evitare così troppi effetti collaterali o una risposta poco efficace”.

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